Profilo di Vento

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1 And death shall have no dominion. Dead men naked they shall be one with the man in the wind and the west moon. When their bones are picked clean and the clean bones gone they shall have stars at elbow and foot. Though they go mad they shall be sane. Though they sink through the sea they shall rise again. Though lovers be lost love shall not. And death shall have no dominion.
Dylan Thomas

2 Laggiù nel recinto del bestiame, in vicinanza del mercato di Hvalpsund, stava una vecchia con la sua vacca. Stava un po' appartata con la sua unica bestia, forse per modestia oppure per essere notata. Era così tranquilla, con il fazzoletto tirato sulla fronte per ripararsi dal sole, intenta a sferruzzare una calza già abbastanza lunga e rimboccata a rotolo spesso. Vestiva alla simpatica foggia antica, con una gonna turchina che sapeva di tintura fatta in casa, e con uno scialletto bruno lavorato a maglia attorno alla magra vita. La pezzuola era sbiadita e recava l'impronta delle piegature. Gli zoccoli avevano la suola piatta, ma lei li teneva ben puliti. Nei capelli grigi era conficcato un ferro da calza oltre i quattro consueti che adoperava così abilmente con le vecchie mani logore. Tendeva l'orecchio alla musica proveniente dal mercato di mercerie, gettando ogni tanto un rapido sguardo sulla gente e sugli animali che le si affollavano vicino. C'era un continuo brusio intorno a lei; nitriti dal reparto cavalli; fracasso di battelli verso la riva; urla di battellieri e rullo di tamburi. Ma lei stava zitta zitta al sole e badava alla sua calza. Al suo fianco, a contatto quasi del gomito, stava la vacca panciuta, a gambe larghe, ruminando. Era una vacca vecchia ma buona, di pelo sano e ben tenuta. C'era bensì qualche punta aguzza nel treno posteriore e nella struttura della groppa; però in complesso era una bestia di ottima razza. Le mammelle erano colme, pelose, e non c'erano troppi anelli sulle graziose corna bianche e nere. Aveva gli occhi umidi, e masticava il foraggio una seconda volta, movendo la mandibola sempre da sinistra a destra. Inghiottito il boccone, girava la testa, e lo sguardo, con la gola nuovamente in riposo, mentre il bolo si moveva lungo il tubo digerente per tornare in bocca. Il grosso muso colava di bava, e ogni respiro risonava profondo ed elastico nel suo interno come una nota bassa di organo. Era una vacca viva e vegeta, arrivata all'età della discrezione, dopo aver superato ciò che può capitare alle vacche; aveva figliato senza che le fosse consentito nemmeno di vedere e leccare i suoi vitellini, e aveva continuato a digrumare il foraggio e a dar latte in buona fede. E ora ruminava, ruminava e dimenava il ciuffo della coda per scacciare le mosche. Avvolta a un corno portava la pastoia, per impedirle di prendere la mano. Il morso era vecchio, smussato dall'uso, senza ferro sul naso né legnetti rivolti in dentro, ché non c'era bisogno di contenerla fino a questo punto. Si noti che oggi era legata con la sua nuova cavezza, non con quella consunta e piena di giunte con la quale pascolava. La vecchia Anna voleva che la vacca facesse la sua bella figura. Era una buona vacca, ormai pronta per il mattatoio e non andò a lungo che venne un uomo a esaminarla, ad affondarle i polpastrelli nella pelle della groppa; ed ella sopportò tutto questo senza inquietarsi. « Quanto costa questa vacca, nonna? » chiese l'uomo volgendo lo sguardo duro dalla bestia alla vecchia Anna. Costei continuò a sferruzzare. « Non è in vendita » rispose alla fine. E, come per porre fine alla conversazione cortesemente, lasciò i ferri con una mano e si asciugò il naso. L'uomo si allontanò piegando la testa da un lato, perché non riusciva a staccare lo sguardo dalla vacca. Poco dopo, un macellaio tutto azzimato carezza la vacca fra le corna con il bastone e fa scorrere rapidamente la mano tumefatta sulla groppa. « Quanto volete per la vacca? » La vecchia Anna sbircia dapprima la sua bestia che rabbrividisce lievemente con le palpebre sotto la canna di lui; poi volge il capo e sembra scopra in lontananza qualcosa d'interessante. « Non è in vendita. » Fatto. Il nostro commerciante fa ancora svolazzare il grembiule insanguinato. Ma poco dopo si presenta un nuovo acquirente. La vechia Anna crolla il capo: la vacca non si vende. I rifiuti opposti a tanta gente attirano l'attenzione su di lei; si cominciò a parlarne. Un tale che aveva chiesto della vacca tempo prima, ritornò, intenzionato a concludere l'affare. Stavolta fece un'offerta assai vantaggiosa. La vecchia Anna disse di no un po' inquieta ma decisa. « È stata già vanduta? » chiese l'uomo No, non lo era. « Ma allora perchè stai qui a metterti in mostra con la vacca? » La vecchia Anna abbassò la testa, continuando testardamente a sferruzzare. « Dunque? Perchè stai qui con la vacca? » domandò l'uomo, ormai irritato « È o non è la tua vacca? » Certo che lo era! Era indubbiamente la vacca di Anna. Ella aggiunse che l'aveva sin da quando era una vitellina, proprio così. Se l'uomo si poteva ammansire con le parole, pensava, questo discorso avrebbe fatto effetto. Ma egli la interruppe: « Stai forse qui per farti gioco della gente? » Ahi, Ahi! Anna tace, sgomenta. Sferruzza furiosamente, e quasi non vede quello che fa, tanto è stufa di tutta questa faccenda. Costui la stringe da presso, imbestialito: « Dico: sei venuta al mercato per prendere in giro le persone? » Solo adesso la vecchia Anna smette di maneggiare i ferri. Toglie la pastoia dalle corna, si appresta a tornare a casa; poi spalanca gli occhi in atto supplichevole verso l'uomo: « È una vacca così sola, » gli confida « tanto sola. Non ho che questa a casa, e lei si trova così di rado con le altre bestie. Io abito lontano da tutti. E allora ho pensato di portarla al mercato per farle avere la compagnia di altre bestie come lei e distrarla un poco. Mi pareva di non far del male a nessuno, in questo modo; ecco perché l'ho portata qui. Ma noi non ci facciamo vendere, e ora ci toglieremo di mezzo. Vi chiedo scusa. Arrivederci e grazie. »
Johannes Vilhelm Jensen - Anna e la Mucca

3 Qualche volta il destino somiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra col dio della morte prima dell'alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l'unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia. Attraversarlo, un passo dopo l'altro. Non troverai sole né luna, nessuna direzione, e forse nemmeno il tempo. Soltanto una sabbia bianca, finissima, come fosse fatta di ossa polverizzate, che danza in alto nel cielo. Devi immaginare questa tempesta di sabbia. [...] E naturalmente dovrai attraversarla, quella violenta tempesta di sabbia. È una tempesta metafisica e simbolica. Ma per quanto metafisica e simbolica, lacera la carne come mille rasoi. Molte persone verseranno il loro sangue, e anche tu verserai il tuo. Sangue caldo e rosso. Che ti macchierà le mani. È il tuo sangue, e anche il sangue di altri. Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai più lo stesso che vi è entrato.
Haruki Murakami - Kafka sulla spiaggia

4 « Proprio così, Knulp. Tutto è bello se lo si guarda al momento giusto. » « Sì. Ma io sono convinto anche di un’altra cosa. Nelle cose più belle, oltre al piacere, c’è sempre anche un pizzico di tristezza o di angoscia. » « E come mai? » « Io la penso così: una fanciulla davvero bella non ci piacerebbe tanto se non sapessimo che ha il suo tempo, che poi deve invecchiare e morire. Se tutte le cose belle dovessero perdurare uguali a sé stesse per l’eternità, certo, mi farebbe piacere, ma le guarderei con più freddezza, pensando: tanto non cambi, non occorre che sia oggi. Invece tutto ciò che è caduco e non può rimanere uguale a se stesso, lo guardo con gioia mista a compassione. » « È vero. » « A questo proposito non conosco niente di più bello dei fuochi d’artificio, nella notte. Ci sono sfere di luce, azzurre e verdi; salgono nell’oscurità e proprio quando sono al culmine della loro bellezza compiono un piccolo arco e si spengono. E chi le osserva prova un senso di gioia e di angoscia allo stesso tempo: ora si spegne; fa parte del gioco ed è molto più bello così che se durassero molto più a lungo. Non credi? » « Certo. Ma non vale per tutto. » « Perché no? » « Per esempio, quando due persone si vogliono bene e si sposano, oppure quando due sono amici, è proprio perché è per durare, perché non deve finire subito. » Knulp mi osservò con attenzione, poi mi fece l’occhiolino e mi disse, con fare pensoso: « Sono d’accordo. Ma anche le cose di questo genere finiscono, come tutto. Sono molti i problemi che possono porre fine a un’amicizia, e anche a un amore. » « Molto giusto, ma non ci si pensa mai anzitempo. » « Non lo so... Vedi, nella mia vita io ho avuto due storie d’amore, di quelle vere, intendo, e tutte e due le volte ero sicuro che fosse per sempre e potesse finire solo con la morte; e tutte e due le volte c'è stata una fine e io non sono morto. Avevo anche un amico, a casa, nella mia città natale, e non avevo mai pensato che in vita nostra avremmo potuto separarci. Eppure ci siamo separati, da un pezzo. » Tacque, e io non seppi che cosa dire. Non avevo ancora fatto esperienza del dolore connaturato a ogni rapporto tra persone, non avevo ancora toccato con mano che tra due persone, per quanto vicine possano essere, rimane sempre un abisso, che può essere colmato soltanto dall’amore, di volta in volta, e solo con una passerella di fortuna. Ripensai alle parole del mio compagno, in particolare a quelle sui fuochi artificiali, che mi erano piaciute moltissimo, perché talvolta avevo provato qualcosa di simile. Quella fiamma colorata, lieve e seducente, che saliva nelle tenebre e all’improvviso vi annegava, mi sembrava simboleggiare ogni piacere umano che quanto più è bello tanto meno è appagante e più rapidamente si estingue.
Hermann Hesse - Knulp

Cos'hanno in comune queste persone? Ciascuno di loro sta salvando migliaia di animali.

Siamo tutti diversi, trova il modo adatto a TE per aiutare gli animali!