Vegan e antispecismo

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1 Tom, 20/08/15 14:50

Vorrei porre una domanda il cui rilievo pratico potrà forse apparire abbastanza limitato, ma che comunque ha generato in me una certa curiosità: quale rapporto intercorre tra filosofia vegan e antispecismo? Perché mi sembra logico che l'antispecista sia necessariamente anche vegano, ma non mi è chiaro se il vegano, per potersi definire tale, debba necessariamente essere anche antispecista. Se ho ben capito, infatti, la filosofia vegan invita ad evitare o limitare il più possibile la produzione di sofferenza nei confronti di tutti gli animali, ma vorrei capire se tale aspetto si limita al piano della sofferenza fisio-psico-emotiva, o si estende anche a quello della "violenza morale" che potrebbe discendere da una classificazione (più o meno arbitraria) delle varie specie viventi. Mi spiego meglio: chi si definisce "vegan" potrebbe al tempo stesso ritenere accettabile la stesura di una scala gerarchicamente orientata dei vari esseri viventi? Dal punto di vista teoretico ciò significherebbe considerare (ad es.) l'essere umano più importante del gorilla, il gorilla più importante del cane, il cane più importante della formica, ecc. (ovviamente mi rendo perfettamente conto dell'arbitrarietà insita a qualunque possibile classificazione, ma qui non mi interessa capire se vi siano classificazioni migliori di altre, ma semplicemente se la stessa idea di operare classificazioni possa considerarsi accettabile dal punto di vista vegan). Una simile impostazione potrebbe risultare perfettamente compatibile con l'imperativo morale del non produrre sofferenze, almeno fintantoché ciò non richieda di porre in essere comportamenti pratici in contrasto con esso: tanto per fare un esempio, uno potrebbe anche essere profondamente convinto della superiorità di un'etnia su un'altra, ma finché non pone in essere un qualche atto discriminatorio/violenza/omicidio/genocidio non causa alcun problema pratico. Eppure mi domando ugualmente se, anche rimanendo al puro aspetto speculativo, un simile atteggiamento mentale potrebbe dirsi compatibile con la filosofia vegan. Detto questo, va inoltre ricordato che potrebbero in realtà esservi alcune (seppur sporadiche) situazioni in cui potrebbe divenire necessario od opportuno scegliere se eliminare (o comunque produrre sofferenze su) un determinato animale o un altro. E non parlo di autodifesa, per la quale immagino che saremmo tutti d'accordo che se si viene attaccati è lecito difendersi. Parlo di situazioni in cui da una nostra scelta deriva inevitabilmente, magari anche per via indiretta, l'uccisione di animali, ma possiamo scegliere quale specie privilegiare. Ad esempio: è risaputo che la produzione di olio di palma causa lo sterminio degli orango, animali estremamente intelligenti e in via di estinzione; dall'altra parte, la produzione dell'olio di girasole, spesso citata come possibile sostituto dell'olio di palma, causerà sicuramente l'uccisione di molti altri animali, ad esempio tramite l'aratura. Ora, potendo scegliere come orientare i nostri consumi, è chiaro che lo specista "classico" eviterà l'olio di palma a vantaggio del girasole, perché considera l'orango di gran lunga più importante della talpa (è solo un esempio ovviamente). Ma si tratta di un ragionamento che un vegano potrebbe approvare? Oppure in casi simili si dovrebbe semplicemente cercare di stimare il numero di animali che moriranno nell'uno e nell'altro caso, per poi orientarsi verso il prodotto che causa meno uccisioni? Riassumendo: dal punto di vista pratico, ogni essere animale conta come uno? Un orango può davvero considerarsi "uguale" ad una formica? Di fronte alla necessità di orientare i nostri consumi nel miglior modo possibile, possiamo limitarci a considerare il dato numerico di "quanti animali vengono uccisi per la creazione di un certo prodotto", oppure è "giusto" introdurre anche un elemento qualitativo, attribuendo una diversa importanza all'orango rispetto alla formica?
Vi ringrazio in anticipo per le risposte che vorrete fornirmi.

2 Andrea, 20/08/15 15:32

Ad esempio: è risaputo che la produzione di olio di palma causa lo sterminio degli orango, animali estremamente intelligenti e in via di estinzione; dall'altra parte, la produzione dell'olio di girasole, spesso citata come possibile sostituto dell'olio di palma, causerà sicuramente l'uccisione di molti altri animali, ad esempio tramite l'aratura. Ora, potendo scegliere come orientare i nostri consumi, è chiaro che lo specista "classico" eviterà l'olio di palma a vantaggio del girasole, perché considera l'orango di gran lunga più importante della talpa (è solo un esempio ovviamente). Ma si tratta di un ragionamento che un vegano potrebbe approvare?

Per me no, ma credo che questo sia l'unico sito in cui ho visto dire una cosa simile. Infatti non ho mai capito il boicottaggio all'olio di palma, a meno che qualcuno non abbia dati secondo i quali uccide più animali delle altre monocolture.

Riassumendo: dal punto di vista pratico, ogni essere animale conta come uno? Un orango può davvero considerarsi "uguale" ad una formica?

Premesso che nella vita reale non capita praticamente mai un simile dilemma, se non sbaglio in questi casi Singer usa come metro di paragone 1) la "consapevolezza di sè", 2) il desiderio di vivere privi di sofferenza e e) la qualità di vita che si ha davanti.

Quindi in sostanza non c'è differenza tra un uomo, un gorilla, un gatto, una talpa, o un piccione. Per gli insetti invece sembra che queste cose (1-2-3)siano inferiori.

Per questo se devi scegliere tra salvare un cane o una zecca che ha nella carne (credo sia uno dei pochi casi in cui veramente si deve scegliere tra una vita e l'altra) uccidi la zecca e salvi il cane.

Questo avviene anche tra esseri umani: se una persona con una vita normale e una con un gravissimo danno cerebrale che la rende capace di poche azioni necessitano di un trapianto e c'è un solo organo viene privilegiata la prima.

Attenzione: questo non significa come dicono certi che per Singer il cane vale meno dell'uomo e più del piccione o che è meglio salvare una persona di successo con una vita felice piuttosto che una persona che vive sola e fa una vita insoddisfacente.

3 Tom, 21/08/15 14:25

Andrea ha scritto:
Per me no, ma credo che questo sia l'unico sito in cui ho visto dire una cosa simile. Infatti non ho mai capito il boicottaggio all'olio di palma, a meno che qualcuno non abbia dati secondo i quali uccide più animali delle altre monocolture.

Personalmente boicotto l'olio di palma per motivi squisitamente ambientali, non animalisti. Ma non intendo affrontare in questa sede il dibattito, immagino vi siano appositi thread dedicati a tale argomento.

Andrea ha scritto:
Premesso che nella vita reale non capita praticamente mai un simile dilemma, se non sbaglio in questi casi Singer usa come metro di paragone 1) la "consapevolezza di sè", 2) il desiderio di vivere privi di sofferenza e e) la qualità di vita che si ha davanti.

Quindi in sostanza non c'è differenza tra un uomo, un gorilla, un gatto, una talpa, o un piccione. Per gli insetti invece sembra che queste cose (1-2-3)siano inferiori.

Per questo se devi scegliere tra salvare un cane o una zecca che ha nella carne (credo sia uno dei pochi casi in cui veramente si deve scegliere tra una vita e l'altra) uccidi la zecca e salvi il cane.

Però mi permetto di muovere un paio di osservazioni:
1) i parametri indicati da Singer, per quanto possano apparire ragionevoli, racchiudono anch'essi al loro interno uno buona dose di arbitrarietà o di potenziale incompletezza. Ad es. potrebbe astrattamente rivelarsi utile considerare anche il grado e le forme della capacità del soggetto di provare dolore o empatia. Al tempo stesso non è detto che il criterio della qualità di vita prognosticamente valutata risulti universalmente accettato, poiché ciò richiede di determinare con canoni di oggettività un aspetto fortemente influenzato dalla personalità e dal carattere del soggetto: vi sono persone in sedia a rotelle che sembrano molto più felici di altre perfettamente sane.
2) quanto al criterio della consapevolezza di sé, non è facile stabilire fino a che punto essa sia presente nelle varie specie. Solo alcuni primati, ad esempio, sono in grado di riconoscersi allo specchio, anche se vi sono numerosi comportamenti specie-specifici che mostrano inequivocabilmente che un certo grado di autocoscienza sia presente anche in specie meno evolute. Ma non si tratta, per l'appunto, di un bottone acceso-spento, bensì di una scala che la catena evolutiva ha progressivamente scalato, per cui se anche nei pesci possiamo certamente trovare dei segnali di autocoscienza, essi non possono comunque essere paragonati a quelli dei grandi primati.

Andrea ha scritto:
Questo avviene anche tra esseri umani: se una persona con una vita normale e una con un gravissimo danno cerebrale che la rende capace di poche azioni necessitano di un trapianto e c'è un solo organo viene privilegiata la prima.

Ne sei sicuro?Cioè, vi sono dei protocolli medici che prevedono di agire in questo modo? Te lo chiedo da perfetto ignorante in materia, lo ammetto, è che non sono affatto sicuro che le cose vadano davvero così.

Andrea ha scritto:
Attenzione: questo non significa come dicono certi che per Singer il cane vale meno dell'uomo e più del piccione o che è meglio salvare una persona di successo con una vita felice piuttosto che una persona che vive sola e fa una vita insoddisfacente.

Però il punto rimane sempre quello: nel momento in cui è necessario fare una scelta tra l'uccidere (anche indirettamente) un animale o un altro, devono comunque intervenire dei criteri-guida che ci permettano di prendere una decisione. Ora, i parametri indicati da Singer, per quanto ad alcuni possano apparire condivisibili, sono e restano pur sempre viziati di apriorismo (come del resto lo sarebbe qualunque indicazione in ambito etico), pertanto torno a chiedere: il vegano, per dirsi tale, deve necessariamente rifiutare lo specismo? Oppure questo potrebbe comunque rappresentare un possibile criterio-guida nel momento in cui è necessario e inevitabile operare una scelta? E se invece il vegano si affida a criteri-guida alternativi allo specismo, come giustifica la loro preferibilità etica?
Grazie mille.

4 Andrea, 21/08/15 14:46

Tom ha scritto:
Personalmente boicotto l'olio di palma per motivi squisitamente ambientali, non animalisti. Ma non intendo affrontare in questa sede il dibattito, immagino vi siano appositi thread dedicati a tale argomento.

Sì, ma come ti abbiamo già spiegato il sito è per 1) chi è vegan o 2) per chi ha deciso di diventare vegan e ha bisogno di qualche dritta dal punto di vista pratico. NON per discutere tra chi è vegan e chi non lo è.

il vegano, per dirsi tale, deve necessariamente rifiutare lo specismo?

Il vegano deve smettere di uccidere animali: come non vai a uccidere altre persone o cani o gatti, non uccidi mucche, polli e via dicendo. Poi, come non ci sono "regole" su cosa sia più giusto fare se si deve scegliere tra salvare una persona o l'altra così non ci sono per gli animali.

Questo per inciso non ha niente a che vedere con lo specismo: se decido se salvare una mucca che ha un'aspettativa di vita di 35 anni invece di un insetto con ciclo vitale di 24 ore è per un motivo oggettivo. Altrimenti il fatto di privilegiare per i trapianti un giova rispetto a un 90 enne sarebbe discriminazione sull'età?

5 Marina, 21/08/15 14:47

Faccio solo un'osservazione: deve essere chiaro che questa discussione può avere un senso solo per parlare in linea teorica, per "filosofeggiare", appunto, ma ha ben poche applicazioni nella pratica.

La cosa importante è quella di smettere di consumare prodotti animali di ogni tipo, sia per l'alimentazione che in altri settori. Questo è un atto molto pratico che permette di non incrementare, e alla lunga far diminuire, la domanda di prodotti animali, e quindi le uccisioni di animali, nonché le vere e proprie torture che sono costretti a subire.

E' ovvio che non potremo mai essere a impatto zero. Per il solo fatto che viviamo, mangiamo, ecc., un impatto sull'ambiente, e quindi sugli animali selvatici, ce l'abbiamo e sempre ce l'avremo.
Ma intanto vediamo di azzerare quello infinitamente più grande dovuto al consumo di prodotti animali (cosa che ovviamente diminuisce anche di molto quello dovuto alla produzione di vegetali, perché per dar da mangiare agli animali si consumano vegetali coltivati).
Tutto il resto, in confronto, è una piccolezza, e si potrà, casomai, pensarci in seguito, per migliorare.
Ma intanto occorre fare il passo principale, senza il quale tutti gli altri ragionamenti non hanno alcun senso.

Questo lo dico perché dal tuo profilo, Tom, vedo che non sei ancora vegan.
Per questo ti invito a fare questo passo, il resto è, al confronto, abbastanza irrilevante, e se ne può casomai parlare dopo.

Ciao,
Marina

6 lucio, 22/08/15 01:19

Ciao,
la discussione che hai proposto mi piace, quindi provo a risponderti, ma solo su certi passaggi, sia perché tu hai scritto molto e hai messo dentro tante cose diverse, sia perché io ho non sono in grado di parlare delle "filosofie" vegan e antispecista.

Se ho ben capito, infatti, la filosofia vegan invita ad evitare o limitare il più possibile la produzione di sofferenza nei confronti di tutti gli animali, ma vorrei capire se tale aspetto si limita al piano della sofferenza fisio -psico-emotiva, o si estende anche a quello della "violenza morale" che potrebbe discendere da una classificazione (più o meno arbitraria) delle varie specie viventi.

Se stai facendo una distinzione di piani (non è chiaro) non la condivido: è forzata. La violenza morale ha più cause. "Classificare" può essere una. La sofferenza fisio-psico è certamente un'altra. Quindi la persona vegan che si sforza di evitare questa sofferenza agli altri animali pratica già la non violenza morale (o rispetto) verso gli animali, in larga misura.

Mi spiego meglio: chi si definisce "vegan" potrebbe al tempo stesso ritenere accettabile la stesura di una scala gerarchicamente orientata dei vari esseri viventi?
Dal punto di vista teoretico ciò significherebbe considerare (ad es.) l'essere umano più importante del gorilla, il gorilla più importante del cane, il cane più importante della formica, ecc. (ovviamente mi rendo perfettamente conto dell'arbitrarietà insita a qualunque possibile classificazione, ma qui non mi interessa capire se vi siano classificazioni migliori di altre, ma semplicemente se la stessa idea di operare classificazioni possa considerarsi accettabile dal punto di vista vegan).

Il problema non è la classificazione gerarchica in sé; il criterio di classificazione è fondamentale; il problema non riguarda i vegan, ma tutti gli umani.
Partiamo dall'universo umano. Se classifico gerarchicamente le persone in base alla disponibilità economica in un determinato momento (criterio reale e misurabile), faccio una cosa del tutto neutra che descrive la realtà per come io la percepisco: dirò ad esempio che qui ed ora ci sono quelli "più ricchi" e quelli "meno ricchi", che ci sono fascie sociali diverse, che c'è un sopra e un sotto. Se dopo stabilisco che i più ricchi "sono più importanti" dei meno ricchi, faccio una seconda classificazione basata su un diverso criterio: l'attribuzione di un "valore" alla persona (essere o essenza della). Solo apparentemente sto usando i soldi come criterio, ma in realtà uso il "valore", che non è misurabile e secondo molti neanche esiste al di fuori delle menti di alcuni umani. Questo è quello che fa appunto lo specismo, o in generale il razzismo. E che l'antispecismo, o antirazzismo, combatte. Il classificare gerarchicamente in sé non crea problemi, a nessuno. L'attribuire valore all'essenza crea problemi, a tutti (a meno che non si voglia sostenere che il razzismo non sia un problema, anche per gli stessi razzisti).
Passando all'universo animale. Possiamo classificare gerarchicamente gli animali secondo diversi criteri, senza danno per nessuno, come avviene nelle scienze biologiche. Se cominciamo ad attribuire valori, facciamo lo specismo tra loro e tra noi e loro, con danno di tutti (a meno che non si voglia sostenere che lo sconquasso ecologico che stiamo provocando con la nostra cultura specista non sia un problema, anche per gli stessi specisti).

Una simile impostazione potrebbe risultare perfettamente compatibile con l'imperativo morale del non produrre sofferenze, almeno fintantoché ciò non richieda di porre in essere comportamenti pratici in contrasto con esso:

Intanto la questione delle scelte pratiche contraddittorie non è una peculiarità dei vegan, ma vale per chiunque. Poi non credo proprio che una impostazione specista possa essere compatibile con la scelta vegan. Qui mostri di ignorare l'empatia che un vegan matura proprio per la sua scelta verso gli animali. Diventare vegan semmai è una buona cura per rinsavire dall'antispecismo che inevitabilmente afflige molti di noi prima di diventarlo. Non dico che si rinsavisca al 100%, ma la percentuale è alta. Se smetti di usarli il più che ti è possibile, finisci per pensarli in modo diverso. Te lo garantisco per esperienza personale.

Riassumendo: dal punto di vista pratico, ogni essere animale conta come uno? Un orango può davvero considerarsi "uguale" ad una formica? Di fronte alla necessità di orientare i nostri consumi nel miglior modo possibile, possiamo limitarci a considerare il dato numerico di "quanti animali vengono uccisi per la creazione di un certo prodotto", oppure è "giusto" introdurre anche un elemento qualitativo, attribuendo una diversa importanza all'orango rispetto alla formica?

Il punto non è se umano, orango e formica siano uguali, ovvio che no, basta guardarli. Ma se abbiano lo stesso valore. Ovvio che sì, per chi non opera attribuzione di valore. E per chi non crede nell'esistenza dell'essere e del valore, il problema neanche si pone. L'eguaglianza è un concetto vecchio nell'universo umano, ma ancora non digerito. Nel rapporto con le altre specie le cose stanno molto peggio.

Riguardo le scelte pratiche, penso che esistano già linee guida formidabili: quelle vegan. Smettere di mangiare, indossare e torturare animali per le necessità quotidiane sono criteri potenti. Per i casi limite si possano stabilire altri criteri, possibilmente quanto più oggettivi e misurabili. Ma saranno sempre discutibili e spesso contingenti. Anche le scelte conseguenti saranno discutibili. Ma non è così per tutte le questioni umane difficili? Comunque non saranno criteri specisti, se non si cadrà nella trappola delle attribuzioni di "valore", quello sì immaginario, soggettivo e non misurabile.

7 Andrea, 22/08/15 08:38

lucio ha scritto:
Diventare vegan semmai è una buona cura per rinsavire dall'antispecismo che inevitabilmente afflige molti di noi prima di diventarlo.

Immagino fosse: "per rinsavire dallo specismo", non "per rinsavire dall'antispecismo"!

8 Tom, 22/08/15 16:12

Andrea ha scritto:
Sì, ma come ti abbiamo già spiegato il sito è per 1) chi è vegan o 2) per chi ha deciso di diventare vegan e ha bisogno di qualche dritta dal punto di vista pratico. NON per discutere tra chi è vegan e chi non lo è.

D'accordo, lo capisco, ma credevo che l'esistenza di una apposita sezione denominata "filosofia vegan" consentisse di evadere almeno un po' dalle questioni più squisitamente "pratiche". Se in questa sede non mi è permesso rivolgere questo genere di domande, ti pregherei gentilmente di indicarmi, se ne hai conoscenza, altro luogo in cui poterlo fare. Grazie mille!

Andrea ha scritto:
Il vegano deve smettere di uccidere animali: come non vai a uccidere altre persone o cani o gatti, non uccidi mucche, polli e via dicendo. Poi, come non ci sono "regole" su cosa sia più giusto fare se si deve scegliere tra salvare una persona o l'altra così non ci sono per gli animali.

Questo per inciso non ha niente a che vedere con lo specismo: se decido se salvare una mucca che ha un'aspettativa di vita di 35 anni invece di un insetto con ciclo vitale di 24 ore è per un motivo oggettivo. Altrimenti il fatto di privilegiare per i trapianti un giova rispetto a un 90 enne sarebbe discriminazione sull'età?

Perdonami, ma non credo che un simile ragionamento possa valere per confronti tra individui di specie diverse. Sarebbe decisamente semplicistico paragonare i 35 anni della mucca alle 24 ore dell'insetto, perché potremmo ragionevolmente stabilire che il tempo oggettivo di vita debba essere valutato anche in funzione della percezione soggettiva che ciascun animale può avere di esso. Tanto per fare un esempio: un uomo di 70 anni può avere un'aspettativa di vita di altri 15-20 anni, e comunque sentirsi di aver già ampiamente vissuto la sua esistenza; viceversa, un cucciolo di cane, pur trovandosi nella medesima condizione oggettiva quanto ad aspettativa di vita, dal punto di vista soggettivo si trova all'estremo opposto.
Detto questo, è chiaro che è ben possibile utilizzare, come primo criterio di scelta, quello dell'aspettativa di vita; ma si tratta pur sempre di un criterio che possiede una certa dose di apriorismo. Nota bene: questa NON è una critica a tale sistema di riferimento, posto che qualunque sistema etico deve necessariamente basarsi su una petizione di principio. Ciò che mi domando è PERCHE' un simile canone può ritenersi accettabile, mentre quello specista no: per quale motivo la diversa estensione temporale della vita dell'insetto rispetto a quella della mucca mi consente (in un caso di necessità) di discriminare tra questi due animali, mentre ciò non mi è concesso in ragione (ad es.) della loro diversa capacità intellettiva?


Marina ha scritto:
Faccio solo un'osservazione: deve essere chiaro che questa discussione può avere un senso solo per parlare in linea teorica, per "filosofeggiare", appunto, ma ha ben poche applicazioni nella pratica.

Sì sì, infatti ho appositamente scritto in questa sezione più "filosofica", e ho anche esplicitamente specificato in incipit al mio primo post che si tratta per lo più di una disquisizione teorica.

Marina ha scritto:
La cosa importante è quella di smettere di consumare prodotti animali di ogni tipo, sia per l'alimentazione che in altri settori. Questo è un atto molto pratico che permette di non incrementare, e alla lunga far diminuire, la domanda di prodotti animali, e quindi le uccisioni di animali, nonché le vere e proprie torture che sono costretti a subire.

E' ovvio che non potremo mai essere a impatto zero. Per il solo fatto che viviamo, mangiamo, ecc., un impatto sull'ambiente, e quindi sugli animali selvatici, ce l'abbiamo e sempre ce l'avremo.
Ma intanto vediamo di azzerare quello infinitamente più grande dovuto al consumo di prodotti animali (cosa che ovviamente diminuisce anche di molto quello dovuto alla produzione di vegetali, perché per dar da mangiare agli animali si consumano vegetali coltivati).
Tutto il resto, in confronto, è una piccolezza, e si potrà, casomai, pensarci in seguito, per migliorare.
Ma intanto occorre fare il passo principale, senza il quale tutti gli altri ragionamenti non hanno alcun senso.

Questo lo dico perché dal tuo profilo, Tom, vedo che non sei ancora vegan.
Per questo ti invito a fare questo passo, il resto è, al confronto, abbastanza irrilevante, e se ne può casomai parlare dopo.

Ciao,
Marina

Ok, credo di dover fare una piccola premessa. Scopo di questo mio thread non è quello di criticare, contestare o altrimenti porre in dubbio la scelta vegan. Do per scontato che essa sia una buona scelta etica. Capisco bene la tua posizione, per cui l'unica cosa che nella pratica conta davvero è smettere di consumare prodotti animali, ma in questa sede volevo affrontare, per l'appunto, un argomento più teorico, al fine di comprendere meglio i rapporti intercorrenti tra due "filosofie" (veganismo e antispecismo) i cui confini non mi sono del tutto chiari. E' vero, sono ancora vegetariano, ma sono qui in cerca di informazioni, che, nonostante in tale occasione possano sembrare di scarsa utilità pratica, dal mio punto di vista sono comunque importanti. Se tuttavia non mi è concesso rivolgere questo genere di domande, pur a malincuore interromperò immediatamente la discussione.

lucio ha scritto:
Il problema non è la classificazione gerarchica in sé; il criterio di classificazione è fondamentale; il problema non riguarda i vegan, ma tutti gli umani.
Partiamo dall'universo umano. Se classifico gerarchicamente le persone in base alla disponibilità economica in un determinato momento (criterio reale e misurabile), faccio una cosa del tutto neutra che descrive la realtà per come io la percepisco: dirò ad esempio che qui ed ora ci sono quelli "più ricchi" e quelli "meno ricchi", che ci sono fascie sociali diverse, che c'è un sopra e un sotto. Se dopo stabilisco che i più ricchi "sono più importanti" dei meno ricchi, faccio una seconda classificazione basata su un diverso criterio: l'attribuzione di un "valore" alla persona (essere o essenza della). Solo apparentemente sto usando i soldi come criterio, ma in realtà uso il "valore", che non è misurabile e secondo molti neanche esiste al di fuori delle menti di alcuni umani. Questo è quello che fa appunto lo specismo, o in generale il razzismo. E che l'antispecismo, o antirazzismo, combatte. Il classificare gerarchicamente in sé non crea problemi, a nessuno. L'attribuire valore all'essenza crea problemi, a tutti (a meno che non si voglia sostenere che il razzismo non sia un problema, anche per gli stessi razzisti).
Passando all'universo animale. Possiamo classificare gerarchicamente gli animali secondo diversi criteri, senza danno per nessuno, come avviene nelle scienze biologiche. Se cominciamo ad attribuire valori, facciamo lo specismo tra loro e tra noi e loro, con danno di tutti (a meno che non si voglia sostenere che lo sconquasso ecologico che stiamo provocando con la nostra cultura specista non sia un problema, anche per gli stessi specisti).

Hai ragione, credo di essermi espresso in modo troppo conciso. Quando chiedo se sia giustificabile una classificazione gerarchica del regno animale non intendo riferirmi a criteri di valutazione eticamente neutri, ma alla stesura di una precisa scala assiologica. Quel che mi interessa capire è se la filosofia vegan sia compatibile con una simile posizione, in quanto l'affermazione "un gorilla è più importante di un insetto" non danneggia, di per sé, né il gorilla né l'insetto, ma fornisce un criterio di determinazione per l'eventualità (in realtà quasi inesistente sul piano pratico) di dover scegliere tra la vita dell'uno o dell'altro. In sostanza, se assumiamo come regola aurea quella di non danneggiare il prossimo, umano o animale che sia, rimane comunque necessario affidarsi ad un qualche criterio per quelle situazioni in cui diviene inevitabile provocare l'uccisione di un qualche essere vivente. Quel che mi chiedo è: perché lo specismo, eventualmente fondato sulle capacità cognitivo-intellettuali, non può rappresentare un valido criterio di scelta in tali situazioni?

lucio ha scritto:
Intanto la questione delle scelte pratiche contraddittorie non è una peculiarità dei vegan, ma vale per chiunque. Poi non credo proprio che una impostazione specista possa essere compatibile con la scelta vegan. Qui mostri di ignorare l'empatia che un vegan matura proprio per la sua scelta verso gli animali. Diventare vegan semmai è una buona cura per rinsavire dall'antispecismo che inevitabilmente afflige molti di noi prima di diventarlo. Non dico che si rinsavisca al 100%, ma la percentuale è alta. Se smetti di usarli il più che ti è possibile, finisci per pensarli in modo diverso. Te lo garantisco per esperienza personale.


Questo lo capisco, ma temo di non essere riuscito a spiegare al meglio il senso della mia domanda: se lo specismo non può rappresentare, per i casi sopra menzionati di inevitabile necessità, un valido criterio di determinazione per le nostre scelte, quali altri criteri possono ritenersi validi, e per quali ragioni l'uno non può essere accettato e altri invece sì?
Mi rendo conto che sto toccando un tema che potrebbe riguardare tutti gli esseri umani, vegan e non, perché attiene al difficile campo dei cosiddetti "dilemmi etici". Ma in questa sede mi interessava in particolare il rapporto tra veganismo e antispecismo, anche se concordo con te che lo spazio di discussione potrebbe essere ampliato a dismisura anche ad altre categorie.

lucio ha scritto:
Il punto non è se umano, orango e formica siano uguali, ovvio che no, basta guardarli. Ma se abbiano lo stesso valore. Ovvio che sì, per chi non opera attribuzione di valore. E per chi non crede nell'esistenza dell'essere e del valore, il problema neanche si pone. L'eguaglianza è un concetto vecchio nell'universo umano, ma ancora non digerito. Nel rapporto con le altre specie le cose stanno molto peggio.

Riguardo le scelte pratiche, penso che esistano già linee guida formidabili: quelle vegan. Smettere di mangiare, indossare e torturare animali per le necessità quotidiane sono criteri potenti. Per i casi limite si possano stabilire altri criteri, possibilmente quanto più oggettivi e misurabili. Ma saranno sempre discutibili e spesso contingenti. Anche le scelte conseguenti saranno discutibili. Ma non è così per tutte le questioni umane difficili? Comunque non saranno criteri specisti, se non si cadrà nella trappola delle attribuzioni di "valore", quello sì immaginario, soggettivo e non misurabile.

Ok, il punto è proprio questo: per quale motivo non dovremmo ritenere "giusto" attribuire un diverso valore alle diverse specie? Cioè, si tratta solo di una questione terminologica? Perché se alla fine è necessario determinarsi per la vita di un individuo o di un altro, è chiaro che almeno indirettamente mi dovrò spingere a valutare il loro "valore", qualunque sia il parametro di giudizio che sceglierò di adottare. Tu parli di applicare criteri il più possibile oggettivi, ma lo specista classico potrebbe ad esempio riferirsi alle capacità cognitive della specie considerata: anche questo sarebbe un "criterio oggettivo", potenzialmente misurabile. Applicare il criterio dell'aspettativa di vita, come mi sembra suggerisse Andrea, potrebbe comunque apparire discriminatorio: le enormi differenze nella media di anni di vita vissuti da ciascuna specie potrebbero infatti portare a privilegiare un individuo (relativamente) anziano ad uno (relativamente) giovane.

9 Marina, 22/08/15 16:52

Tom ha scritto:
Ok, credo di dover fare una piccola premessa. Scopo di questo mio thread non è quello di criticare, contestare o altrimenti porre in dubbio la scelta vegan. Do per scontato che essa sia una buona scelta etica. Capisco bene la tua posizione, per cui l'unica cosa che nella pratica conta davvero è smettere di consumare prodotti animali, ma in questa sede volevo affrontare, per l'appunto, un argomento più teorico, al fine di comprendere meglio i rapporti intercorrenti tra due "filosofie" (veganismo e antispecismo) i cui confini non mi sono del tutto chiari. E' vero, sono ancora vegetariano, ma sono qui in cerca di informazioni, che, nonostante in tale occasione possano sembrare di scarsa utilità pratica, dal mio punto di vista sono comunque importanti. Se tuttavia non mi è concesso rivolgere questo genere di domande, pur a malincuore interromperò immediatamente la discussione.

Ma perché tali ragionamenti purante teorici senza nessun legame con la vita reale dovrebbero essere importanti, se invece non è importante il continuare a essere causa di sofferenza e morte palese e incontestabile di vitelli, mucche, pulcini e galline? Non servono tante informazioni per scegliere di smettere di ammazzarli, penso che tu le abbia già trovate tutte.
Che importanza può mai avere tutto il resto? Importanza vera, dico, non per il piacere di filosofeggiare.

Si può disquisire su tutto, così tanto per fare, ma non serve a evitare sofferenza agli animali. Magari serve invece a crearsi degli alibi artefatti nella propria testa...
E permetti che non sia una bella cosa sentir fare questi ragionamenti sul sesso degli angeli da chi poi nella pratica continua a consumare prodotti che sono costati la vita in modo diretto a palese ad animali che invece si potrebbero salvare molto facilmente, senza bisogno di porsi dilemmi etici astrusi e con pochi legami con la realtà. Se tu dici che la scelta vegan è giusta, ma poi non la fai, vuol dire che non ti importa, quindi se non ti importa non vedo perché ti dovrebbero importare altri ragionamenti teorici sugli animali e sui danni che noi umani facciamo loro.

Che poi, oltretutto, parlare di anti-specismo ha senso soprattutto in riferimento alla discriminazione tra umani e non umani, non tra una specie animale e un'altra. Si tratta piuttosto di fare la differenza tra specie e individuo: gli ambientalisti che si preoccupano delle specie più rare non si preoccupano del singolo individuo di quella specie, ma della specie in quanto tale. Quindi il problema casomai non è dare più o meno importanza a una specie, ma dare importanza alla sofferenza e alla morte del singolo individuo, cosa che invece chi non rispetta gli animali non fa mai. Ma questo è ancora un altro discorso.

10 lucio, 23/08/15 00:21

Andrea ha scritto:
Immagino fosse: "per rinsavire dallo specismo", non "per rinsavire dall'antispecismo"!

Sì Andrea, grazie per la segnalazione!


Tom ti ho mandato un messaggio, dato che la risposta è fuori tema.

11 Andrea, 23/08/15 15:59

Tom ha scritto:
D'accordo, lo capisco, ma credevo che l'esistenza di una apposita sezione denominata "filosofia vegan" consentisse di evadere almeno un po' dalle questioni più squisitamente "pratiche".

Certo, ma il punto non è:
discussione pratica / discussione filosofica
ma piuttosto:
utente vegan (o che è qui per diventarlo) / utente che non lo è

Gli utenti non vegan ovviamente sono più che benvenuti se sono qui perché hanno deciso di diventarlo, anzi, questo è lo scopo principale del sito. Non è invece un sito per chi ha già tutte le informazioni ma decide di uccidere quotidianamente animali, ritiene legittimo farlo e vuole discutere "filosoficamente" su casi limite che nella pratica non si verificheranno mai.

Uccidere animali e ritenersi nel giusto e poi chiedere a chi non lo fa cose del genere è francamente sconvolgente.

Sarebbe come scrivere su un forum contro la violenza sulle donne: - "Ciao, penso che l'uomo sia superiore alla donna e possa farle quello che vuole, io per primo lo faccio. Però sono qui per discutere un po' con voi di alcuni casi limite di questa <<filosofia dei diritti delle donne>>".

E non vedo come si possa capire cosa significa essere antispecisti quando nonostante tutte le informazioni si decide comunque a mente fredda di uccidere gli appartenenti a specie diverse.

12 Tom, 24/08/15 14:58

Marina ha scritto:
Ma perché tali ragionamenti purante teorici senza nessun legame con la vita reale dovrebbero essere importanti, se invece non è importante il continuare a essere causa di sofferenza e morte palese e incontestabile di vitelli, mucche, pulcini e galline? Non servono tante informazioni per scegliere di smettere di ammazzarli, penso che tu le abbia già trovate tutte.
Che importanza può mai avere tutto il resto? Importanza vera, dico, non per il piacere di filosofeggiare.

Prospettiva interessante. Fortunatamente non tutti gli uomini ragionano in questo modo, altrimenti Kant non avrebbe mai scritto la critica della ragion pura, né Michelangelo avrebbe mai scolpito la Pietà, visto che tanto sono cose che "non servono a nulla".

Si può disquisire su tutto, così tanto per fare, ma non serve a evitare sofferenza agli animali. Magari serve invece a crearsi degli alibi artefatti nella propria testa...

Se ti riferisci al sottoscritto, puoi star certa che non mi interessa crearmi alcun tipo di alibi. Mi interessa solamente comprendere alcune questioni che al momento non mi sono del tutto chiare. Se non mi è concesso rivolgere simili domande e/o non hai intenzione di rispondere, è sufficiente dirmelo. In tal caso, ti chiederei gentilmente se conosci altro luogo, anche e soprattutto on line, in cui mi sia possibile proporre questi miei spunti di riflessione. Grazie mille!

E permetti che non sia una bella cosa sentir fare questi ragionamenti sul sesso degli angeli da chi poi nella pratica continua a consumare prodotti che sono costati la vita in modo diretto a palese ad animali che invece si potrebbero salvare molto facilmente, senza bisogno di porsi dilemmi etici astrusi e con pochi legami con la realtà. Se tu dici che la scelta vegan è giusta, ma poi non la fai, vuol dire che non ti importa, quindi se non ti importa non vedo perché ti dovrebbero importare altri ragionamenti teorici sugli animali e sui danni che noi umani facciamo loro.

Quindi il problema è che non sono vegano? Cioè, se le stesse riflessioni le avessi fatte da vegano allora sarebbero andate bene? Ma che senso ha? Un'argomentazione ha valore indipendentemente dall'identità di colui il quale la propone, a meno che tu non voglia incorrere in facili fallacie ad hominem. Detto questo, che tu ci creda o no a me tale questione interessa molto: essa mi permette di capire fino a che punto il veganesimo possa considerarsi un semplice agglomerato di dettami morali, e dove invece tenda a sconfinare in una vera e propria ideologia (e quando utilizzo il termine "ideologia" non intendo attribuirgli né una connotazione negativa, né positiva: io per primo, da vegetariano, mi ritengo fortemente ideologico in questa mia scelta).

Che poi, oltretutto, parlare di anti-specismo ha senso soprattutto in riferimento alla discriminazione tra umani e non umani, non tra una specie animale e un'altra. Si tratta piuttosto di fare la differenza tra specie e individuo: gli ambientalisti che si preoccupano delle specie più rare non si preoccupano del singolo individuo di quella specie, ma della specie in quanto tale. Quindi il problema casomai non è dare più o meno importanza a una specie, ma dare importanza alla sofferenza e alla morte del singolo individuo, cosa che invece chi non rispetta gli animali non fa mai. Ma questo è ancora un altro discorso.

Questo punto è interessante: effettivamente la definizione classica di "specismo" si riferisce alle sole discriminazioni tra umani e non umani, ma in questa sede mi piacerebbe utilizzare questo termine (o anche uno nuovo a tua scelta creato ad hoc, il problema non è terminologico) per indicare, più in generale, l'attribuzione di valori crescenti alle varie specie a seconda della loro posizione all'interno della catena evolutiva (perdona il pressappochismo della definizione, spero che comunque possa rappresentare un primo punto di partenza). Mi interessava per l'appunto capire se una simile prospettiva potrebbe dirsi compatibile con la filosofia vegana, ossia se, pur partendo dall'assunto secondo cui non si deve nuocere ad altri animali, sarebbe possibile utilizzare lo specismo come criterio guida per i cosiddetti "dilemmi etici".


Andrea ha scritto:
Certo, ma il punto non è:
discussione pratica / discussione filosofica
ma piuttosto:
utente vegan (o che è qui per diventarlo) / utente che non lo è

Gli utenti non vegan ovviamente sono più che benvenuti se sono qui perché hanno deciso di diventarlo, anzi, questo è lo scopo principale del sito. Non è invece un sito per chi ha già tutte le informazioni ma decide di uccidere quotidianamente animali, ritiene legittimo farlo e vuole discutere "filosoficamente" su casi limite che nella pratica non si verificheranno mai.

Allora chiedo venia per l'intrusione. A questo punto ti chiedo solo se conosci altro luogo in cui potrei rivolgere simili domande.
Permettimi poi un piccolo appunto: sei proprio sicuro che una simile gestione della policy risulti alla lunga positiva per la causa vegan? Magari anche sì, per carità, solo mi permetto di condividere con te i miei dubbi. Specie fintantoché la discussione si mantiene su un piano di evidente pacatezza ed appare finalizzata solamente all'acquisizione di informazioni.

Uccidere animali e ritenersi nel giusto e poi chiedere a chi non lo fa cose del genere è francamente sconvolgente.

Sarebbe come scrivere su un forum contro la violenza sulle donne: - "Ciao, penso che l'uomo sia superiore alla donna e possa farle quello che vuole, io per primo lo faccio. Però sono qui per discutere un po' con voi di alcuni casi limite di questa <<filosofia dei diritti delle donne>>".

Ma io non ho fatto nulla di simile. Non ho certo introdotto questo thread inneggiando all'uccisione degli animali o tentando di autogiustificarmi: il problema si è posto solo nel momento in cui qualcuno ha sentito l'irrefrenabile bisogno di valutare le mie domande sulla base del profilo del mio account.

E non vedo come si possa capire cosa significa essere antispecisti quando nonostante tutte le informazioni si decide comunque a mente fredda di uccidere gli appartenenti a specie diverse.

Hai ragione, forse non posso davvero capire cosa significhi essere antispecisti. E infatti cerco anche per questo maggiori informazioni a tal riguardo. E' davvero così impossibile affrontare un dialogo di questo tipo?

13 Marina, 24/08/15 15:12

Senti, Tom, tronchiamo qui, perché sono discorsi davvero senza senso.

Cosa vuoi che importino mai le parole? Vegano, antispcista, animalista... tu vorresti avere "la definizione", ma a che pro, e cosa conta? Non potrai mai trovare una definizione precisa, sono solo parole. Perché mai preoccuparsi delle etichette? Quel che conta è di non fare del male agli animali, e basta!

Non mi puoi venire a dire che non ci siano abbastanza informazioni per capire perché mangiare latte, formaggio e uova non uccida animali esattamente come mangiare carne, o che in generale qualsiasi allevamento di animali, per qualsiasi fine, implichi per loro sofferenza prima e morte poi. Ce n'è a iosa di informazioni per capire questo.
Se tu, nonostante questo, hai deciso di continuare a usare questi prodotti, di cui perlatro è facilissimo fare a meno, è inutile fare discorsi più complicati.
Se non hai deciso, deciditi, le informazioni ci sono tutte.
Se dopo aver fatto questa scelta, allora vuoi fare discussioni filosofiche, le farai, e vedrai che saranno ben diverse da quelle di adesso. Saranno comunque inutili, ma se ti diverte, poco male.
Ma leggere quest'aria fritta quando stai continuando a uccidere animali per le tue scelte, è francamente nausante. Non ci credo nemmeno per un secondo che queste disquisizioni sulle parole possano essere quelle che ti fanno decidere se continuare a consumare prodotti che uccidono animali in modo diretto e palese, quindi evita ricatti morali su questo fronte.

14 Andrea, 24/08/15 15:31

Tom ha scritto:
io per primo, da vegetariano, mi ritengo fortemente ideologico in questa mia scelta).

Tu hai deciso di non uccidere le mucche "da carne" ma di uccidere mucche "da latte", hai deciso di non uccidere polli "da carne" ma di uccidere galline ovaiole e i pulcini che nascono da esse. Se la tua scelta avesse una valenza ideologica saresti vegan.


Tom ha scritto:
Permettimi poi un piccolo appunto: sei proprio sicuro che una simile gestione della policy risulti alla lunga positiva per la causa vegan?

Questo forum ha uno scopo ben preciso: aiutare chi vuole diventare vegan, questo non è possibile se come in quasi tutti gli altri luoghi simili 9 partecipanti su 10 non lo sono.

E non vedo perché dovremmo usare il nostro tempo per mantenere un sito di discussione per persone che ogni giorno uccidono animali coscientemente e a mente fredda e lo considerano assolutamente giusto e legittimo.

Thread chiuso

Questa discussione è stata chiusa da uno degli amministratori con la seguente motivazione: "VeganHome è un sito per chi è già vegan o (soprattutto) per chi ancora non lo è ma ha deciso di diventarlo e vuole qualche aiuto. Non è un luogo di discussione per chi non lo è e non ha intenzione di diventarlo."

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