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http://www.panorama.it/scienze/medicina/articolo/ix1-A020001032241 L'influenza aviaria continua a diffondersi. Contamina polli, anatre e maiali. E gli ultimi casi di contagio di esseri umani in Indonesia fanno temere che la malattia sfugga al controllo.
Nonostante le rassicurazioni dei governi coinvolti, l'influenza aviaria continua a fare paura. E, soprattutto, continua a diffondersi attraverso gli animali d'allevamento, e non solo.
In Indonesia, a Tangerang nella provincia di Banten, a maggio è stata riscontrata la presenza di un ceppo altamente patogeno di H5N1 nel 50 per cento dei maiali.
E due mesi dopo, nella stessa località, il micidiale virus ha fatto altre tre vittime: un piccolo «focolaio» familiare, un uomo e due sue figlie (nove anni la maggiore, uno la più piccola) la cui morte è avvenuta tra il 9 e il 14 luglio. Ai 53 decessi ufficialmente registrati in Vietnam e altri paesi del Sud-Est asiatico si aggiungono i tre segnalati in Indonesia.
Le autorità sanitarie indonesiane stanno considerando l'opportunità di procedere all'abbattimento della popolazione suina infetta: è noto che proprio nei maiali il virus killer di provenienza aviaria può acquisire caratteristiche genetiche tali da renderlo più adatto alla trasmissione, e a una successiva ampia diffusione, nella specie umana.
Se la diagnosi di influenza aviaria venisse confermata, questo caso familiare suggerirebbe una trasmissione da uomo a uomo.
E consiglierebbe di aumentare l'allerta dal livello 3 al
4: il livello massimo è 6 e significa pandemia conclamata. Non tutti sono d'accordo. «Siamo ancora nella fase 3» afferma Roberto Bertollini, direttore Salute e ambiente dell'Oms Europa. «I tre casi indonesiani aggiungono tuttavia ulteriori elementi di preoccupazione, dato che l'infezione mostra di potersi allargare a un altro grande paese densamente popolato».
L'Oms, riferisce Bertollini, ha provveduto intanto a inviare in Indonesia 2 mila confezioni del farmaco antivirale oseltamivir.
«Questo medicinale potrebbe consentire sia di trattare i pazienti infetti sia di prevenire la malattia nei familiari e nei contatti».
La produzione di oseltamivir è stata incrementata e in diversi paesi del mondo si sta provvedendo a prenotarne scorte: ma è noto che solo a un vaccino specifico, tuttora in corso di sperimentazione, si possono affidare le speranze di contenere la diffusione di un'eventuale pandemia.
L'allerta intanto cresce, anche perché un'epidemia di influenza aviaria da virus H5N1 sta facendo strage tra gli uccelli migratori del lago Qinghai, una delle riserve naturali protette più note della Cina.
E quello che veniva considerato fino alla scorsa primavera un paradiso per gli ornitologi (grandi sono la ricchezza e la varietà di specie di volatili durante l'accoppiamento e la riproduzione) si sta trasformando in un incubo per gli epidemiologi, seriamente preoccupati per la possibile diffusione dell'H5N1 lungo le rotte seguite dagli uccelli migratori.
Le prime segnalazioni di una malattia mortale per oche, anatre e gabbiani del lago Qinghai risalgono all'inizio di maggio: ma nei due mesi successivi il numero di esemplari uccisi dal virus è salito ad almeno 1.500, come riferiscono Science e Nature.
Fino a poco tempo fa gli uccelli acquatici migratori venivano ritenuti immuni all'infezione: per gli esperti la morìa di volatili verificatasi in specie diverse e in così breve periodo di tempo è da considerarsi eccezionale.
L'analisi delle sequenze del genoma virale isolato dai volatili morti indica la presenza di quattro ceppi altamente patogeni di H5N1.
Virus variamente ricombinati rispetto a quello ritrovato nel 2004 a Hong Kong in un falco pellegrino.
Quindi, potenzialmente più pericoloso per l'uomo. Sicuramente molto di più rispetto a quello di provenienza aviaria (pollame) che, nel dicembre 1997, sempre a Hong Kong, contagiò 18 persone, uccidendone sei.