Nel numero 52 (di novembre) della rivista
dell'associazione Slow Food, e' stato pubblicato un articolo intitolato "Per Amore degli Animali", purtroppo pieno di affermazioni senza senso, banalita', luoghi comuni, conclusioni campate in aria sui vegan e vegetariani.
Non e' nemmeno possibile una analisi puntuale per indicare cio' che non va nell'articolo, perche' si dovrebbe dire "tutto".
Riporto qui sotto il testo, e vi invito a scrivere la vostra opinione all'associazione, scrivendo a:
slowinfo@slowfood.comGrazie a tutti, ciao.
Marina
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Religioni e cibo
Per l’amore degli animali
Di Anna Mannucci
In Italia, la maggior parte vegetariani fa questa scelta per una motivazione animalista, non vuole che si uccidano animali. Questi vegetariani, dunque, di base sono animalisti (che non vuol dire amanti dei cani e dei gatti, ma attivisti o perlomeno simpatizzanti per i diritti animali, mucche, maiali e polli compresi; sarebbe meglio dire antispecisti). Se sono iscritti a qualche associazione si tratta della LAV, la Lega antivivisezione, della Lac, la Lega per l’abolizione della caccia, di Oltrela Specie, o altre analoghe, ma più spesso non hanno nessuna tessera in tasca e non fanno vita di gruppo animalista. Le motivazioni salutiste, spiritualiste e simili sono decisamente in secondo piano. In questa cornice si possono individuare, ovviamente schematizzando, due modi di intendere il vegetarismo, due correnti di pensiero di solito non esplicitate. Non esplicitate perché, in generale, manca una riflessione critica sui precedenti storici. Anche quando vengono citati autori vari – di solito Plutarco, Tolstoj e Gandhi – è solo in modo propagandistico, per quel che serve ad appoggiare le proprie tesi. Come quando sono pubblicate lunghe liste di “personaggi famosi vegetariani”, dove compaiono atleti, modelle, attori e filosofi.
Tornando ai due modi di intendere il vegetarianismo, si può fare questa scelta per diminuire, per quel che si può, la sofferenza e la morte di alcuni animali, sapendo benissimo che è una goccia nel mare della sofferenza degli animali e senza nessuna pretesa totalizzante. Oppure si può essere vegetariani per salvare tutti gli animali, eliminare il male dal pianeta e avere un mondo migliore. Usando una terminologia fuori moda, si potrebbero definire queste correnti rispettivamente riformista e rivoluzionario. E ancora, il primo approccio è una sorta di politica di “riduzione del danno”, in una visione laica e realista, nella consapevolezza che nessuno si può tirare fuori dalle brutture e dalle contraddizioni della vita. Nel secondo caso, si è vicini a un progetto utopico, nel senso negativo usato da Hans Jonas nella sua polemica con Ernst Bloch. Negli ultimi tempo i vegetariani del secondo tipo sono diventati o cercano di diventare vegani. Necessariamente. Mangiare formaggi, usare scarpe di pelle, maglioni di lana e camicie di seta sono compromessi giudicati inaccettabili. Nel rifiuto del compromesso, della mediazione, compare una tendenza al fanatismo che porta a dire, per esempio, che i vegetariani sono in errore tanto quanto o addirittura più dei carnivori. Sembra di vedere vecchie brutte storie dei movimenti socialisti e comunisti, con i riformisti accusati di collusione con il nemico. E spesso nelle pratiche sociali dei vari vegetariani (propaganda, organizzazione di eventi, manifestazioni, ecc.) si intravedono le tradizioni del movimento operaio, nei suoi vari aspetti.
I “vecchi vegetariani” , quelli degli anni 1950 e ’60, erano abbastanza esoterici, chiusi, non erano animalisti e avevano qualcosa della setta religiosa. Per esempio, alcuni erano vicini alla teosofia. Questa situazione è completamente cambiata, in Italia, partire dagli anni ’80, quando è nato l’animalismo politico (nel senso buono). E’ all’interno del clima e delle associazioni animaliste è rinato il vegetarianismo, su basi completamente diverse e con uno stile diverso da prima, appunto più simile a quello dei gruppi che fanno politica (sindacati, partiti, associazioni).
Salvare il mondo
La politica è, dovrebbe essere, lo spazio della mediazione. Il rifiuto di ogni prodotto animale che non ammette compromessi ha invece le stimmate dell’estremismo, dell’intransigenza. E può essere interpretato come un desiderio di purezza assoluta, distacco dalla carne (nel doppio senso permesso dalla lingua italiana), dalla materia. Vengono in mente, i Catari, i puri, che infatti erano vegetariani, o vegani, secondo Claudia Pastorino (
www.veganitalia.com/religione.php) che ne parla esplicitamente come precursori. In questo senso, talvolta si cita il cristianesimo primitivo, dove si presume tutti fossero vegetariani, compreso Cristo. Tra l’altro, spesso si confondono varie forme di cristianesimo, talvolta vagamente new age, con il cattolicesimo. Comunque questi riferimenti non fanno parte del bagaglio comune dei tanti ragazzi e soprattutto ragazze che non mangiano carne, che preferiscono, giustamente, per esempio, fare volontariato nei canili e poi andare in pizzeria in gruppo, come tutti i giovani, magari in compagnia di qualche carnivoro. L’ideologia vegetariana di oggi persegue non la salvezza individuale, bensì quella di tutta l’umanità, anzi, di tutti i viventi, anzi di tutti i senzienti. Questo tipo di alimentazione, infatti, oltre a essere molto salutare, permetterebbe di proteggere l’ambiente, eliminare le malattie e di nutrire tutti gli affamati della terra. Perché la produzione di carne, secondo i vegetariani, e di latte e uova, secondo i vegani, oltre a far soffrire e uccidere gli animali, inquina il pianeta con i suoi residui chimici, disbosca l’Amazzonia, spreca l’acqua e toglie cibo ai popoli del terzo mondo, che si potrebbero nutrire con i cereali e la soia adesso utilizzati per le produzioni animali. Un discorso che ha degli aspetti di realtà, ma che nella sua pretesa totalizzante diventa un progetto salvifico molto poco realistico. Un’obiezione potrebbe essere relativa alla sovrappopolazione: se si salvassero tutti i bambini che si dice muoiano di fame, aumenterebbe enormemente il numero di esseri umani e sulla terra rimarrebbe sempre meno spazio per gli animali selvatici. Un bel guaio. Ancora nella tendenza generalizzante e che vuol salvare tutto il mondo, succede che i vegetariani siano pacifisti, non a livello individuale, ma come scelta politica generale. Finiscono così insieme ai no global e a estremisti vari, di solito carnivori impenitenti, anti americani e anti inglesi, anche se la Gran Bretagna è ufficialmente riconosciuta come il paese di nascita del vegetarismo. Per non dire della lotta a Mc Donald’s, un simbolo negativo universale che di nuovo unisce i vegetariani a terzomondismi e comunisti. Con cui si ritrovano anche nell’ostilità agli ogm. Ancora una volta, il vegetarismo pubblico assomiglia più a movimenti politici che a una setta religiosa (anche se poi nei movimenti politici qualche meccanismo settario c’è…).
Una scelta morale
Un esempio, piccolo ma significativo, della tendenza totalizzante, di per sé poco laica, è il dibattito sull’alimentazione di cani e gatti, che si vorrebbero far diventare vegetariani per un’esigenza di coerenza. E’ un tormentone apparentemente assurdo e minoritario ma che prosegue da anni e crea molte polemiche. I cani sono onnivori e dopo la crescita, da adulti, possono vivere senza carne ed esistono per loro cibi vegetariani., preparati industrialmente, ma c’è anche chi li vuole far diventare vegani. I gatti invece rappresentano un bel problema, dato che sono strettamente carnivori. Qui si potrebbe aprire un dibattito interessante su che cosa è naturale e quanto sia, in fondo, innaturale la scelta vegetariana, nella consapevolezza, allo stesso tempo, che, innaturale non significa sbagliato. Oppure si potrebbe ragionare sul fatto che nelle scatolette finiscono scarti di macellazione che altrimenti andrebbero buttati e dunque, alla fin fine, si tratta di prodotti ecologici. Ma questo non succede e tutto si riduce ad asperrime polemiche contro le scatolette a base di carne, spesso prodotte dalle odiose multinazionali, a costrizioni sui gatti e ad anatemi verso chi li costringe. Comunque, esiste in commercio anche un cibo vegetariano per gatti.
In queste campagne contro la globalizzazione, l’inquinamento e gli ogm, i vegetariani si sono avvicinati anche ai biologici, ma senza esserne ricambiati. Continuano a usare prodotti bio nelle loro cene e festival, ma i biologici continuano a fare la festa del maiale bio e le bistecche sane. Di nuovo, su questo si potrebbe aprire una riflessione sul “naturale” che però non avviene. Anche se continuamente l’alimentazione vegetariana o vegana è presentata come naturale e, dunque, sana. Su quel “dunque” non ci si interroga e forse questo è uno degli aspetti più religiosi, nel senso di non laico, del discorso vegetariano, quando assume che naturale , buono, giusto e scientifico siano la stessa cosa, con buona pace di Hume. Per esempio, sul sito della Società scientifica di nutrizione vegetariana (
www.scienzavegetariana.it, dove si trovano peraltro anche molte informazioni valide e interessanti) si legge “sempre più studi scientifici dimostrano la validità di un’alimentazione vegetariana per la tutela dello stato di salute”, “alla luce di quanto è presente nella letteratura medica degli ultimi 20-25 anni (ma gli studi scientifici sull’argomento sono in netto aumento) il problema di scegliere se passare ad una dieta vegetariana potrebbe non essere tanto del “perché farlo”, ma piuttosto del “perché non farlo”. E così via, nella ricerca non solo e non tanto di consigli scientifici per essere vegetariani in modo sano, ma nella pretesa di trovare motivazioni scientifiche a quella che, fondamentalmente è una scelta morale.